Sala 4 Tecniche di pesca
Antiche maniere di pescare
La pesca a tratta risulta la tecnica più diffusa e praticata nel Quattro e Cinquecento. Un altro sistema, più modesto, per le dimensioni più ridotte degli attrezzi, era poi la pesca a spontale, una rete rettangolare, con dimensioni variabili, trascinata da due persone che trattenevano le aste alle cui estremità erano legati i capi della rete stessa. Lungo il litorale pesarese erano attive anche numerose palate per la pesca, che erano strutture realizzate con palificate lignee, collegate da tavoloni sui quali venivano impiantate postazioni fisse per la pesca (bilancie, lucerne). Simili ai trabocchi ancora oggi presenti sulle coste dell’Abruzzo, le palate erano posizionate lungo le rive di pertinenza delle comunità costiere di Gabicce, Casteldimezzo, Fiorenzuola, della città (palata di S. Marina, di Soria, di Sottomonte), ma ospitavano alcune postazioni fisse per la pesca anche i moli del portocanale e i guardiani. Nel secondo Cinquecento, viene introdotta da pescatori della laguna veneta (Chioggia, Burano) una nuova maniera di pescare che permette di ampliare il raggio di azione della tratta. Si ha di fronte una tecnica piscatoria applicabile ad una maggiore distanza dalla riva grazie all’utilizzo di due imbarcazioni e di una rete, detta bragoccio. Alcuni bragozzi pescavano anche “a pelago” servendosi di una lunga fune a cui erano appese varie cordicelle munite di ami, per catturare pesce in alto mare.
Le nuove tecniche piscatorie fra Sei e Settecento
Nel 1614 i pescatori provenzali di Martigues importano nel medio Adriatico una tecnica di pesca a strascico, detta “a tartana”, destinata a soppiantare la pesca con i bragocci. La nuova tecnica viene applicata però all’utilizzo degli scafi già in uso, con la sistemazione sugli stessi di una diversa, innovativa velatura latina. Le tartane pesaresi infatti ripropongono nella fattura degli scafi, le sagome della peota e della nascara, tipiche della tradizione veneta, ma su queste si innesta un apparato con vela latina e fiocco (polidrone) ad imitazione delle tartane francesi. La flottiglia pesarese contava nel primo Seicento 17 tartane. La tecnica di pesca a tartana è stata denominata dalle marinerie tradizionali marchigiane e romagnole pesca “a spunter”, dal nome che si dava alle due aste che sporgevano dal natante per tendere la rete.