Sala 5 Gente di mare
L’abbigliamento del pescatore. Fra i capi di vestiario del pescatore spiccano il soprabito di panno scuro, grosso e pesante detto cappotto di Salonicco, perché prodotto appunto in quella località della Grecia, e la berretta da marinaro solitamente di colore rosso, due elementi che permettono di individuare gli addetti alle arti alieutiche e che si mantengono pressoché identici un po’ ovunque nelle varie aree portuali del Mediterraneo almeno dal secolo XVI. A questi si aggiungevano giaccone, pantaloni e cappello a falda larga resi impermeabili (inzrèd), con un particolare trattamento di “incerata”, che si indossavano durante le operazioni di lavoro. Con i ferri le donne lavoravano lana di capra per ricavarne robusti calzettoni (calztun) che ricoprivano poi con stracci cucendovi una soletta ricavata dalla tela di vecchie vele dismesse. Sopra questi i marinai infilavano i calzari di tela incerata, soppiantati, in tempi più recenti dai bulzaghin, stivali ottenuti riutilizzando camere d’aria di pneumatici di camion la cui suola era ritagliata dallo stesso copertone. Per proteggere le mani dall’acqua e dal vento si infilavano invece le manofle, anch’esse di lana caprina lavorata ai ferri e ricoperte esternamente da cotonina che veniva sostituita ogni qual volta si consumava o si strappava. Interessante la persistenza plurisecolare dell’abito da lavoro che, oltre alla qualità del tessuto, teneva molto in conto anche il colore ed alcuni elementi di complemento, quali ad esempio la “fascia da parone” e l’orecchino a forma di nave (navicella).